creato da G. Visetti * diretto da F. Fontanella
Storie di noci (di Ferdinando Fontanella, tratto da: Racconti di un naturalista stabiese - 2010) |
Il noce comune (Juglans regia) è un albero imponente alto 10-20 metri, dalla corteccia grigio chiaro che sbiadisce con l’età, la chioma ampia ed espansa con foglie grandi dall’odore fragrante, di colore verde chiaro e caduche in autunno, costituite da 5-9 segmenti (imparipennate) di cui i tre apicali lunghi 5-10 cm e i basali progressivamente più piccoli. Le infiorescenze maschili pendule (amenti) lunghe 5-8 cm costituite da numerosi fiori, le femminili brevi con solo 2-5 fiori, entrambe presenti sulla stessa pianta. Il frutto è una drupa ovale dal rivestimento carnoso e verde (mallo) che racchiude una noce legnosa divisa in due logge (guscio) che contengono il seme (gheriglio), ottimo da mangiare e ricco di olio. L’origine del noce è ignota, si presume che la patria di quest’albero sia localizzata tra il Sud-Est Europa e la Cina occidentale. La pianta prospera però in tutta l’Europa dove da lungo tempo è ampiamente coltivata. Gli antichi romani furono grandi estimatori di quest’albero, apprezzavano il duro e pesante legno dalle eleganti venature e consideravano i frutti un’autentica prelibatezza, un dono divino. Il nome del genere Juglans significa difatti ghianda di Giove. Recenti studi di archeopalinologia condotti nelle ville romane di Stabiae, dalla dottoressa Paola Caprio, confermano che il noce in epoca romana era una delle principali piante coltivate nel comprensorio vesuviano. La scoperta di diverse tipologie di polline fossile attribuibile a quest’albero fa supporre poi che già duemila anni fa in quest’area si coltivassero molteplici varietà (cultivar) di noci. Erede di queste antiche coltivazioni è la varietà che oggi conosciamo come noci di Sorrento, frutti apprezzati e famosi in tutto il mondo, prodotto d’eccellenza dell’agricoltura della penisola sorrentina.
La raccolta tradizionale dei frutti richiede il duro lavoro di interi nuclei famigliari, gli uomini con lunghe pertiche di castagno si arrampicano sugli alberi e battono i rami (operazione che in dialetto viene detta scugnatura) per far cadere le noci, che le donne raccolgono. I frutti vanno poi privati del mallo, mansione affidata alle sapienti mani degli anziani che, seduti in piccoli gruppetti, dedicano molto tempo a questo compito lavorando e ricordano i tempi andati della loro gioventù. Una volta ripulite le noci in parte vengono vendute per essere consumate fresche, ed in parte seccate al sole e poi stipate per l’inverno, così da poter essere consumate secche soprattutto nel periodo delle festività natalizie. Esclusi dal lavoro per la raccolta e la pulitura delle noci sono i bambini, infatti, nonostante i più piccoli siano ghiotti di questi frutti spesso sono assillati dal non poterli toccare perché il mallo, ricco di una sostanza colorante, tinge le mani di nero. Cosa assolutamente inaccettabile per un bimbo che deve riprendere la scuola dopo la pausa delle vacanze estive, periodo questo che coincide con la raccolta delle noci.
Per alleviare la delusione dei più piccoli i padri, una volta finito di scugnare le noci, si ingegnano nella costruzione di alcuni giochi utilizzando il frutto della loro fatica. Con le noci si può creare un piccolo paniere (‘o
panariello) scegliendo una noce di bell’aspetto e dal guscio simmetrico e adoperando un piccolo seghetto dalla lama tagliente e sottile, si
Un altro gioco che si può costruire utilizzando le noci è una piccola tartaruga... Si dividono le due valve del guscio della noce, facendo bene attenzione a non spaccarle, poi si estrae il gheriglio e si appoggia una delle valve, con la convessità rivolta verso l’alto, su un cartoncino e si disegna a matita il contorno di una tartaruga (testa, coda, zampe), si ritaglia e colora il disegno e con un po’ di colla vinilica si attacca alla metà del guscio che diventerà così una piccola e adorabile tartaruga.
La tradizione popolare orale annovera tra i suoi racconti anche una storia miracolosa dedicata alle noci(1) "Leggenda vuole - spiegano alcuni contadini - che un frate francescano, intento nella questua autunnale, in ogni casa visitata ricevesse offerte di cibo che sarebbero poi servite per il sostentamento nei mesi invernali. Un giorno nel suo girovagare il frate bussò alla porta di un contadino, famoso per la sua cupidigia, e chiese all’uomo una manciata di noci secche. Questi però, nonostante il raccolto fosse stato eccellente e la soffitta stipata di sacchi di noci, dichiarò che l’annata era stata nera e che di frutti non ne aveva. Allora il frate nel salutarlo lo confortò dicendogli che il signore avrebbe pensato a tutto. Rimasto solo l’avaro decise di controllare il magnifico raccolto, ma con sgomento si accorse che i sacchi pieni di preziose noci erano colmi di inutili foglie.". Tutto questo è il noce, tanta natura, storia e cultura. Ci avete mai pensato sgranocchiando uno dei suoi saporiti frutti? Twitter: @nandofnt |
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