creato da G. Visetti * diretto da F. Fontanella
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Albero della morte (T. baccata) Parco del Palazzo Colonna a Piano di Sorrento |
Scheda naturalistica Famiglia: taxaceae Taxus baccata L. Nome comune: albero della morte Common name: common yews Descrizione: conifera di bell'aspetto e dal portamento maestoso, chioma densa e assai ramosa, altezza massima 20-25 metri. Foglie di colore verde scuro, lineari, larghe 2-3 mm e lunghe 2,5-3,5 cm, disposte in due ranghi opposti. Coni maschili e femminili di piccole dimensioni, portati da esemplari diversi (specie dioica); i maschili di colore giallastro, producono una grande quantità di polline, nel periodo primaverile, che il vento disperde favorendo la fecondazione (anemofilia); i femminili solitari, di colore verde in età giovanile, a maturità simili a bacche succulenti di colore rosso (arilli) lunghe circa 1 cm e dall'aspetto che ricorda una campana, il cui batacchio è un singolo seme nero. Corteccia bruno-rossastra, squamosa negli esemplari giovani, diventa profondamente fessurata negli alberi vetusti. Specie simili: Cphalotaxus harringtonia Kock, si distingue per le foglie più grandi (lunghe circa il doppio) e per il "frutto" di colore verde-bluastro, marrone a maturità. Habitat: cresce nell’intervallo altimetrico tra 200 e 1200 metri s.l.m., in boschi ombrosi di latifoglie (spesso faggete) su terreni calcarei. Raro allo stato spontaneo è pesso coltivato come albero ornamentale in parchi e giardini. Periodo fioritura: Aprile-Maggio Periodo frutti: Agosto-Ottobre note: localmente questa conifera è ampiamente coltivata a scopi ornamentali in parchi e giardini. La specie è pericolosamente tossica in tutte le sue parti, il nome comune non mente, fa eccezione la sola polpa rossa e dolciastra dell'arillo che contiene il seme anch'esso velenoso (foto sotto). La bontà della "bacca" è un adattamento che favorisce la dispersione zoocora della pianta, gli uccelli mangiano gli arilli e disperdendo i semi indigesti con le feci. Alcuni anziani del comprensorio stabiano raccontano che da piccoli (anni '50) erano soliti mangiare gli arilli che chiamavano "muccunusi" per la loro consistenza molliccia simile al muco. I frutti, spiegano, erano assai dolci e la regola era quella di non masticare né ingoiare i semi che venivano sputati. Testi consultati: 1) COOMBES J. A., 2006; 2) MARTIN E. (a cura di), 1980; 3) PIGNATTI S., 1982; 4) TESTI A., 2000; 5) TICLI B., 2007; 6) ZANGHERI P., 1976. |
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Immagini e testo a cura di Ferdinando Fontanella |