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creato da G. Visetti * diretto da F. Fontanella

 


Ficus carica (fico)


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Ficus carica (fico)


Ficus carica (fico)


Ficus carica (fico)


Ficus carica (fico)


Ficus carica (fico)

Scheda naturalistica


Famiglia: Moraceae

 Ficus carica L.

Nome comune: fico

Common name: fig tree

Nome locale: pede 'e fiche (albero dei fichi); 'e fiche (i fichi: frutti); sciore 'e fiche (fichi fiori o fioroni: frutti primaticci, maturi già a giugno, molto grossi sviluppantisi dalle gemme dell'anno precedente); ficuciello (il caprifico: albero dai "frutti" stopposi non commestibili).

Descrizione: albero o arbusto caducifoglie, corteccia grigiastra e liscia, legno bianco e leggero, alto 3-10 m. I picciuoli delle foglie fresche e le giovani infiorescenze sono ricchi di un succo bianco, appiccicoso e caustico (latte di fico). Foglie di varia grandezza: lunghe anche 30 cm, picciolate, lamina a contorno ovale con 3-5 lobi palmati e cordate alla base, sopra di colore verde e assai ruvide, sotto più chiare e vellutate. Fiori maschili e femminili numerosi e di piccole dimensioni, riuniti all'interno di un ricettacolo piriforme, quasi completamente chiuso fatta eccezione per una piccola apertura circolare che consente il passaggio di un moscerino (Blastophaga psenes) che provvede all'impollinazione. L'infiorescenza dopo la fecondazione aumenta di volume e sviluppa in un falso frutto, in realtà un'infruttescenza (sicono) carnosa, di colore variabile dal giallo al verde, al violetto al nero. I veri frutti sono i piccoli e duri "semini" (acheni) immersi nella polpa del sicono.

Il fico ha modalità di fioritura e fruttificazione assai complesse, per approfondimenti si rimanda il lettore a testi specialistici. In linea generale possiamo comunque dire che è una pianta dimorfa, presenta cioè due razze: il caprificus con infruttescenza stopposa e incommestibile; e la razza domestica, con infruttescenza succosa e dolcissima ottima da mangiare.

Habitat: cresce nell’intervallo altimetrico tra 0 e 800 metri s.l.m. Rupi ombrose, terreni soleggiati, vecchi muri, estesamente coltivato.

Periodo di fioritura: Giugno-Agosto

note: specie originaria dell'Asia Minore, è tra i primi alberi coltivati dal genere umano per la bontà dei frutti.

Pianta comune nei Monti Lattari e nella penisola sorrentina e isola di Capri dove cresce spontaneo, anche in ambiente urbano, sia nella razza caprificus, che nella razza domestica. Anche ampiamente coltivato, in numerose cultivar eduli, in piccoli boschetti o come elemento caratteristico degli orti arborati. Alcuni usano il fico pure come essenza ornamentale.

Albero importantissimo è intimamente legato alla cultura e all'economia del territorio. Nella coltivazione della pianta e nella raccolta dei fichi maturi numerose erano le maestranze impiegate. Buona parte dei frutti raccolti erano consumati freschi: venduti da una miriade di ambulanti che, muniti di ampie ceste colme di fichi, passavano di rione in rione al grido di " 'E fiche!!! ... Magnateve 'e fiche fresche!!!...". Per tanti i fichi, usati come companatico, rappresentavano l'unico pasto della giornata. A Castellammare di Stabia, ancora oggi, è tradizione fare colazione consumando un panino appena sfornato, caldo, farcito con 4-5 fichi maturi. Una vera delizia da provare!

Il restante raccolto era destinato alla produzione dei fichi secchi che, stipati per l'inverno, rappresentavano una fondamentale riserva alimentare. Il processo di essiccazione avveniva in apposite grotte, denominate perciò "dei fichi". Tra le tante località, che portano questo toponimo, la più suggestiva - come ricorda l'amico Gaspare Adinolfi - è la "grotta dei fichi" di Sant'Agnello, che ancora conserva intatti i telai per l'essiccazione. In ambito domestico l'essiccazione dei fichi era fatta semplicemente esponendo i fichi, sistemati in apposite ceste, al sole di balconi, terrazzi e tetti. Alcuni buongustai ancora si ostinano a seccare i fichi per farsi la personale scorta invernale.

Un modo particolare per consumare i fichi secchi è conservarli sotto anice: in autunno i frutti secchi, farciti con gherigli di noce o mandorle e cioccolato, sistemati in barattolo di vetro, sono ricoperti di anice. La conserva va poi stipata in dispensa e aperta nel periodo delle festività natalizie. 

Localmente il fico è associato anche alla brutale pratica venatoria della caccia al beccafico (Sylvia borin), uccelletto di piccole dimensioni localmente noto come fucetola. La fucetola - spiega un anziano - nel periodo agosto-settembre mangia grandi quantità di fichi maturi, diventa molto grassa e saporita e quindi è preda molto ambita. Per fortuna questa caccia oggi è molto meno frequente che in passato ed è praticata solo da alcuni irriducibili bracconieri.    

Al pari della caccia, tutta la cultura-coltura del fico oggi è meno fiorente e pregnante del passato. I frutti sono consumati, in quantità assai ridotte, essenzialmente freschi o, meno frequentemente, secchi insieme a noci, mandorle e nocciole nelle festività natalizie.

Alcuni anziani raccontano che fino agli anni '60 del Novecento era tradizione locale, nel periodo primaverile, costruire col candido midollo estratto dai rami giovani del fico piccole colombine da vendere o regalare per le festività pasquali.

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Testi consultati:

1) CAPUTO G., et al., 1994; 2) FIORI A., 1923-1925a; 3) PETERSON R., et al., 1983; 4) PIGNATTI S., 1982; 5) RICCIARDI M., 1996; 6) TICLI B., 2007; 7) ZANGHERI P., 1976.

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Immagini e testo a cura di Ferdinando Fontanella


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